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Ragazzi in fuga da guerre violenze e povertà

Ragazzi in fuga da guerre violenze e povertà Storie di migranti

 

Ragazzi in fuga da guerre violenze e povertà : il cancello si chiude e il traghetto salpa da Lampedusa, direzione Sicilia; a bordo, più di 80 bambini che 12 giorni fa sono sopravvissuti a una delle più pericolose traversate del mondo, viaggiando su navi pericolanti e gommoni, salpati dalla Libia per cercare asilo in Italia; sono partiti in cerca di una vita migliore, di un futuro in Europa; come tutti i ragazzi sono pieni di sogni e speranze, ma molti di loro sono cresciuti in circostanze molto difficili e sono stati privati della propria infanzia.

 

Alcuni di loro, come il 17enne Yusuf da Gaza, sono stati spesso nel mirino dei cecchini. Ci racconta di non aver mai avuto un'infanzia, che non ha mai posseduto giocattoli e che, a Gaza, temeva costantemente di essere colpito da un proiettile. Scappare dalla morte, dalla persecuzione, dalla povertà è ciò che spinge questi giovani a rischiare la propria vita per venire in Europa.

 

Da Gennaio, più di 26000 minori sono partiti per l'Italia, passando due giorni in mare. Hanno visto i loro compagni di viaggio finire gettati dalle imbarcazioni solo perché avevano il mal di mare, hanno visto onde "alte dieci piani" travolgere le barche mentre erano stipati a bordo con centinaia di altre persone, senza sapere se sarebbero sopravvissuti o finiti nel Mediterraneo. Ma sapevano che dovevano fuggire dall'inferno che si erano lasciati alle spalle.

 

Ho passato l'ultima settimana a Lampedusa per documentare le storie di questi ragazzi che viaggiano soli verso l'Italia. Su invito delle autorità italiane, Save the Children lavora fianco a fianco di UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e Croce Rossa per monitorare il centro di prima accoglienza presente sull'isola e per occuparsi delle necessità dei minori. Compito di Save The Children è spiegare loro il procedimento legale e i loro diritti, stabilire il tipo di aiuto di cui hanno bisogno (sia esso fisico o psicologico) e indirizzarli ai servizi sociali competenti.

 

Lampedusa è così piccola che non si vede neanche sulle mappe mostrate dai notiziari, ma è un'isola dal cuore grande e, nonostante le recenti notizie sull'aumento dell'astio verso i migranti, io ho visto le persone accoglierli calorosamente. I più giovani passeggiano per la città, salutati dagli abitanti dell'isola. I ristoranti offrono pasti gratis. Ho visto una ragazzina Somala tornare al centro con una busta piena di vestiti, libri, giochi e una bambola nuova di zecca tra le braccia. Era al settimo cielo.

 

Yusuf e il suo migliore amico hanno lasciato Gaza insieme. Si conoscono sin da piccoli e hanno attraversato insieme il Libano, il Sudan e la Libia per arrivare a Lampedusa. Ci hanno raccontato di essere stati imprigionati e picchiati. Un video del pestaggio è stato inviato alla famiglia di Yusuf per ottenere un riscatto. I soldi sono stati spediti. La sua vita valeva 4000 dollari.

 

Quando gli ho chiesto cosa sognano ora che sono in Italia, Yusuf è scoppiato in lacrime e ha detto: "Voglio un futuro. Voglio essere umano".

 

Altri giovani immigrati mi hanno raccontato le stesse orribili storie, sono stati trattati come merce umana, gettati in galera, picchiati e abusati. Tutti hanno subito violenze verbali, qualcuno anche abusi sessuali.

 

Il nostro team a Lampedusa è piccolo ma ha enormi responsabilità. La squadra lavora in Sicilia ma, a febbraio, migliaia di migranti sono approdati sull'isola e sono stati dislocati a Lampedusa come misura di emergenza.

 

C'è un mediatore culturale, Aman, esperto di psicologia infantile, parla 5 lingue e offre servizi di traduzione ai minori. Era un rifugiato anche lui: è arrivato dall'Eritrea e si è rifatto una vita in Italia. Sa cosa vuol dire arrivare qui, senza soldi, senza documenti, guidati solo dalla speranza. Poi c'è Lisa, un avvocato che fa in modo che i minori conoscano i diritti di cui possono godere in Italia, si assicura che ricevano i servizi basilari, che i casi più delicati siano seguiti e che abbia inizio il processo di ricongiungimento con i membri della famiglia residenti in Europa.

 

Aman e Lisa sono disponibili 24 ore al giorno. Sono i primi volti che i ragazzi vedono appena sbarcati e sono gli ultimi che salutano quando partono per la Sicilia.

 

Guardo con ammirazione Lisa che, aiutata da un mediatore culturale, spiega a circa 80 ragazzi cosa aspettarsi dalla loro nuova vita. Prende una mappa e mostra loro dov'è l'Italia, li aiuta a capire quali saranno i prossimi passi: arrivati in Sicilia, saranno accolti in un altro centro, più attrezzato. Poi, appena possibile, saranno spostati in istituti per i minori. Infine, illustra i loro diritti. Non possono essere espulsi, possono andare a scuola e vivere al sicuro senza essere perseguitati.

 

Conclude dicendo "L'istruzione è lo strumento più potente che avete per il vostro futuro. È un vostro diritto!"

 

I ragazzi, dai 13 ai 18 anni, prestano la massima attenzione, si trovano in una nuova realtà, spesso difficile da capire. Non comprendono tutti i concetti espressi e molti non sanno neanche cosa voglia dire la parola "diritti", ma in pochi giorni lo staff di Save the Children incontrerà ognuno di loro, rispiegando tutto finché non sarà chiaro.

 

C'è un ragazzo che spicca fra tutti, gode della fiducia degli altri e trasmette serenità. È molto saggio per la sua età. È Ismail, ha conquistato il nostro cuore. Quando l'ho incontrato la prima volta stava spiegando ad alcuni somali che era necessario imparare l'italiano, che dovevano restare in Italia e frequentare la scuola.

 

Ha detto di essere fuggito perché in Somalia non sarebbe sopravvissuto, temeva che lo obbligassero ad unirsi ad un gruppo di militanti e a uccidere le persone. Ma non avrebbe mai immaginato che il viaggio per Lampedusa fosse così pericoloso. È stato rapito, picchiato, ha assistito allo stupro di una donna incinta, è stato tenuto in cella per un mese ed è passato di trafficante in trafficante prima di raggiungere Tripoli. Ha solo 16 anni.

 

Mentre perlustro il centro vedo un frugoletto avvolto nelle lenzuola. Si tratta di Alma, 4 mesi. Sua madre Fatima, 23 anni, l'ha data alla luce in una cella in Libia. Fatima non ha nessuna assistenza medica e quando le ho chiesto chi l'avesse aiutata a partorire lei ha indicato una ragazza dall'altro lato della stanza e ha detto "La mia amica".

 

Temevano che il bambino potesse piangere ed essere ucciso. I trafficanti non avevano alcuna pietà per le altre donne, quindi non avrebbero risparmiato neanche lei. Ma è sopravvissuta. Fatima ha 4 figli che l'aspettano in Somalia. È riuscita a chiamarli solo la settimana scorsa dopo un silenzio durato nove mesi.

 

"Perché te ne sei andata, quando torni?" le hanno chiesto. Lei ha risposto: "Presto, torno presto".

 

Oggi ho osservato i ragazzi imbarcarsi sul traghetto per la Sicilia, dove inizieranno il lungo processo d'integrazione nella realtà italiana. Molti vogliono trovarsi un lavoro per portare le loro famiglie in Europa. Ti spezza il cuore sapere che, legalmente, questo non è possibile e che dovranno affrontare un altro dolore.

 

Ma adesso sono eccitati, sorridenti, salgono a bordo ridendo, salutano i membri dello staff di Save the Children, li abbracciano, li ringraziano e li invitano ad andare da loro in Sicilia, a Roma, in Germania, in Norvegia. È un momento emozionante e io sono orgogliosa del lavoro svolto. È nostro compito aiutare i deboli, è un promemoria costante del ruolo che abbiamo nelle loro vite.

 

Il numero di sbarchi sulle coste italiane è destinato a salire durante l'estate. Il traghetto non fa in tempo a partire che già veniamo informati di un'altra barca di migranti in arrivo.

 

La situazione critica dell'Africa subsahariana e occidentale e il conflitto in Siria stanno alimentando i flussi migratori. È un problema globale e l'Italia non può occuparsene da sola.

 

Nel frattempo, un elicottero sorvola il mare in cerca della barca. So che Save the Children sarà al porto il prima possibile per accogliere i minori. Questo team straordinario sarà accanto a loro nei giorni, nei mesi, negli anni a venire per aiutarli a recuperare il senso della normalità e dare loro la possibilità di essere di nuovo soltanto dei bambini.

 

Ragazzi in fuga da guerre violenze e povertà Storie di migranti è un articolo di Sarah Tyler, Ufficio comunicazioni, Progetti Internazionali di Save the Children

 

 

 

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