Le Parole degli Angeli
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Premorte

La Continuità Della Propria Identità

La Continuità Della Propria Identità Dopo La Morte

 

La Continuità Della Propria Identità : oggi vi racconto la mia esperienza, le percezioni fuori dal corpo che ho avuto in seguito a un arresto cardiaco e la scoperta che la mia, la nostra identità continua oltre la morte.

 

Quel giorno, subito dopo i primi sorsi di caffè, mi sentii strano e provai del dolore al petto, un po' come quando mandi giù qualcosa e senti che è andata "di traverso". Bevvi un po' d'acqua ma la sensazione non se ne andò. Al contrario, nelle ore successive si accentuò talmente che mi sentivo davvero stanco e fisicamente provato. Tuttavia avevo un progetto importante da finire al lavoro per quella mattina -- uno di quelli che i miei colleghi avevan bisogno che fosse pronto appena possibile per un caso importante sul quale stavamo lavorando. Così nonostante la sensazione di sentirmi progressivamente sempre peggio, decisi di recarmi al lavoro e poi, presumibilmente, di tornare a casa.

 

Fu difficile andare al lavoro. La mia consueta passeggiata di dieci minuti verso la metropolitana mi prese il doppio del tempo, e una volta tanto presi le scale mobili per salire e anche per scendere. Arrivato in ufficio mi sentivo molto debole, ma provai a mettermi su quel progetto. Poco dopo, ero semplicemente troppo debole per continuare e il dolore al mio petto era sia peggiorato che irradiato al mio braccio destro e al mio collo. Parlai con uno degli avvocati con cui lavoravo e si preoccupò immediatamente per il mio aspetto e per i miei sintomi e disse che dovevo andare in ospedale subito. Uno dei miei colleghi chiamò un taxi per portarmici. Durante il tragitto, ero molto preoccupato che il progetto che ero tenuto a finire rimanesse incompleto e che avessi lasciato i miei colleghi in sospeso (questo è rilevante per il mio caso come si vedrà in seguito).

 

Dopo avermi fatto accomodare su una sedia a rotelle ed avermi portato nell'ospedale, svenni nel reparto emergenze e mi risvegliai brevemente, ero coricato sulla schiena e numerose persone erano chine su di me a togliermi i vestiti e attaccare dei piccoli adesivi sul mio torace. Avevo un moderato dolore, ma non agonico, e per circa due ore e mezza ero mi sentii molto provato dalla sequenza degli eventi. Ricordo che mi dissi "Questa faccenda sta diventando "molto" fastidiosa".

 

D'un tratto udii distintamente un rumore molto strano -- un misto tra uno stappamento e una frattura --- che sembrava avere origine da "dentro" l'area posteriore e superiore del lato destro della mia testa, più o meno due centimetri al di sopra e lievemente al lato del mio orecchio. La mia coscienza, scoprii, era fuori dal mio corpo. Da principio mi chiesi se non stessi sognando, perchè era un po' come uno di quei sogni lucidi che avevo provato con successo negli anni passati. Però, mi dissi che non potevo stare sognando perchè non ero e nemmeno mi sentivo addormentato. Simultaneamente mi accorsi che quel fastidioso dolore era completamente sparito e, ancor più sorprendente, potevo vedere tutti i dintorni molto chiaramente. Ero stupefatto da questa cosa, stavo senza occhiali, e senza non posso vedere affatto bene. Mi sentivo anche meravigliosamente allerta e pieno di energia -- il che era ancora più sorprendente dopo la progressione letargica in cui ero incorso nelle ultime due ore.

 

Vidi diverse persone lavorare su qualcosa alla mia sinistra; "sapevo" di essere l'oggetto delle loro preoccupazioni e dei loro sforzi. Sembrava che indossassero degli abiti scuri ma in qualche modo emananti una luminescenza rossastra; pensai questo è ben strano in ospedale il personale indossa uniformi verdastre. Non riuscivo a sentire cosa dicevano ma mi accorsi di un soffice "mormorio" e pensai fosse una qualche conversazione ed ero consapevole che erano tutti diligentemente assorti in uno sforzo al quale ci si aspettava che io dessi un contributo. Venni scosso molto energicamente dalla sensazione di non assumermi le mie responsabilità cercando di "defilarmi" o "scapparmene". Mi venne l'idea che forse stavo sperimentando una esperienza di premorte ("Ah! Ecco come è!" ricordo che mi dissi) ma anche che "non avrebbe dovuto essere a questa maniera" (la sensazione di aver abdicato alle mie responsabilità faceva il paio con la mancanza di "tunnel" o di "luci intense" o dell'altra parafernalia della letteratura sulle NDE). Ponderai queste cose per un po' e decisi che sarebbe stato più saggio ritornare nel mio corpo, temendo che il mio senso di fallimento si accrescesse. Con questo mero atto di volontà (così parve) rientrai istantaneamente nel mio corpo e provai di nuovo dolore. Il senso di "colpa" era sparito però -- e con quello la chiarezza di visione e di idee.

 

Una volta nel corpo, mi chiesi se sarei potuto uscirne di nuovo; non mi sentivo a mio agio a quel punto. All'istante, ne fui di nuovo fuori, solo che adesso le figure al lavoro erano davanti a me anzichè al mio fianco. Non vi fu alcun suono udibile ad accompagnare l'uscita. Di nuovo potevo vedere benissimo e il dolore era completamente svanito. Dopo una seria riflessione, decisi che era molto ingiusto da parte mia stare dov'ero mentre altre persone dipendevano da me, e così tornai. Come prova, tentai di lasciare il mio corpo un' altra volta, ma stavolta senza successo.

 

Finii che mi fecero una angioplastica, e capii durante questo episodio, fin dai suoi primi istanti, che non avevo paura di morire e nemmeno mi interessava essere "a posto" con il dio Cristiano (o di altro genere). Invero, la mia impressione complessiva della intera vicenda e dei fenomeni correlati fu molto interessante, benchè fisicamente pesante. La mia preoccupazione principale durante l'intera serie degli eventi era stata dettata dal mio rimpianto per non essere riuscito a lavorare sul progetto assegnatomi e il mio desiderio di non mettere i miei colleghi in difficoltà maggiori di quanto li avessi già messi.

 

Dopo questa esperienza trovo che prendo la vita meno sul serio di prima ma, ironicamente, che prendo il valore dell' esser "viventi" più sul serio. Cioè, non penso che la mia vita quotidiana con gioie, dolori e noie varie sia così importante nello schema complessivo; quello che è cambiato è che prendo quel che viene dalla vita con uno spirito di equanimità e spassionato per usarlo al fine di crescere e imparare. E' molto difficile da descrivere, quello che voglio dire è che ora vedo la "vita" (questa vita) come una scuola piena di esercizi da preparare per una più valida espressione della mia esistenza personale come entità indipendente. Gli esercizi non sono in sè, importanti, ma devono essere fatti per quel che verrà e per il valore sperimentale che cercano di trasmettere. Devo fare i miei compiti non per fare i compiti, ma perchè è facendoli che mi insegneranno al di là della mia "classe" attuale. Devo imparare di più su chi sia questo "io" che è sbucato fuori dal mio corpo e come questo "io" possa esprimere i suoi componenti mentali e la sua volontà in una maniera che sia positiva. E devo anche capire cosa significhi davvero "positivo". La parte migliore della mia esperienza è sicuramente stata la conferma della continuità della mia identità.

 

La Continuità Della Propria Identità Dopo La Morte è stata raccontata da Jerome

 

 

 

La Continuità Della Propria Identità Dopo La Morte

 

La Continuità Della Propria Identità

 

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